Eni-Unicredit: in Borsa scende chi opera in Libia
La vicinanza economico-finanziaria con la Libia viene pagata a caro prezzo dall’Italia in Borsa, soprattutto con Eni ed Unicredit; il nostro Paese è il più esposto finanziariamente parlando con Tripoli e la situazione movimentata di questi ultimi giorni sta avendo ripercussioni su alcune aziende.
Le piazze continentali hanno virato al ribasso malgrado le indicazioni positive arrivate dall’indice pmi che misura le attese dei direttori degli acquisti delle aziende europee, e dall’ifo sulla fiducia delle imprese tedesche. Parigi, Francoforte e Londra cedono mezzo punto percentuale, mentre a Milano la flessione è attorno ai due punti.
Eni per prima, che opera nell’estrazione del petrolio e del gas, perde a fine mattinata oltre il 4%. Impregilo, che ha diverse commesse in Libia per la costruzione di grandi infrastrutture, sfiora il -5%. Anche Ansaldo Sts perde oltre il 3%.
Molte aziende internazionali – come la Bp – stanno evacuando il personale. Attività produttive a parte, le vendite interessano anche la finanza e il credito, in particolare Unicredit (in calo del 3%) che ha i libici tra i primi azionisti: la banca centrale libica possiede il 4,61% del gruppo bancario di piazza Cordusio, il fondo sovrano libico possiede il 2,60%.
Segni di nervosismo anche sul mercato del debito pubblico italiano: il rendimento del Btp decennale è balzato a 4,82% e lo spread rispetto al decennale tedesco (bund) è salito a 160 punti.
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