La capacità di agire

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Per esercitare in modo consapevole i propri diritti e i propri interesse occorre  aver raggiunto una determinata maturità personale, le norme stabiliscono una data uguale per tutti. In questa particolare data, che dal 1975 è fissata al compimento del diciottesimo anno, si diventa maggiorenni e si acquista la capacità di agire, cioè la capacità di compiere personalmente atti giuridici (vendere, comprare, fare testamento, esercitare il diritto di voto ).

Fino al raggiungimento della maggiore età sono i genitori (o, in mancanza, un tutore nominato dal tribunale) a prendersi cura degli interessi del minore. Essi compiono tutti questi atti in nome e per conto suo e sono perciò i suoi rappresentanti legali ( previsti dalla legge).

Non possono però sostituirsi a lui in atti che implicano scelte del tutto personali, come sposarsi o votare, né, d’altra parte, questi atti può compierli il minore essendo incapace di agire. La conseguenza è, come già sappiamo, che il diritto di matrimonio e il diritto di votare entrano a far parte della sfera giuridica delle persone solo con la maggiore età.

Secondo la legge:

Il minore che abbia compiuto sedici anni può essere autorizzato dal tribunale a contrarre matrimonio in presenza di gravi motivi. Il matrimonio comporta l’emancipazione del minore.

Il minore emancipato non ha più bisogno del rappresentante legale. Può compiere da solo gli atti di ordinaria amministrazione, mentre per quelli più importanti (vendere immobili, firmare cambiali) viene assistito da un curatore. Con l’autorizzazione del tribunale, l’emancipato può esercitare un’impresa commerciale. In questo caso può compiere da solo anche gli atti giuridici più importanti, compresi quelli estranei all’esercizio dell’impresa.

La capacità di agire, a differenza della capacità giuridica, si può anche perdere. Se un maggiorenne versa in condizioni mentali o fisiche così gravi da non potersi prendere cura dei propri interessi, il tribunale, attraverso una sentenza, lo priva della capacità di agire e nomina un suo tutore. Si parla in questo caso di interdizione giudiziale.

Anche chi viene condannato all’ergastolo o alla reclusione per un periodo non inferiore a cinque anni, finché dura la pena, è privato della capacità di agire e viene rappresentato da un tutore. In questo caso l’interdizione, che viene detta legale.

Per approfondimenti:

Diritto pubblico e privato

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