CAUSE DELLE CRISI ECONOMICHE: Anche sulle cause determinanti i cicli economici e in particolare le crisi non si è d’accordo in dottrina.
Già al tempo degli economisti classici, alle opinioni pessimiste del Malthus faceva riscontro la famosa teoria degli sbocchi del Say, secondo la quale le crisi generali di produzione non potevano esistere. Per questo autore, i prodotti si comprano con altri prodotti; ogni produttore è, a sua volta, consumatore e non vi può essere disarmonia se non temporanea tra produzione e consumo.
La risoluzione del problema consisterà nel trovare sempre nuovi sbocchi alla produzione (e così fecero i vari paesi europei, procurandosi vasti domini coloniali). Se anche in periodi brevi si fosse determinato qualche squilibrio, in periodi lunghi certamente sarebbe intervenuto un qualche aggiustamento automatico.
Questa teoria, che oggi ha fatto il suo tempo, fu molto importante per la Scienza economica, in quanto largamente condivisa; tanto è vero che il Keynes senti il bisogno di confutarla e di affermare che innanzi tutto bisognava considerare i periodi brevi perché, in periodi lunghi, siamo tutti morti. I classici infatti dimenticavano il costo sociale di una crisi economica.
Per il Marx le crisi economiche sono inevitabili, in quanto conseguenze delle contraddizioni nelle quali si dibatte il sistema capitalista: le cause di tali crisi risiederebbero, pertanto, nel processo di accumulazione del capitale che sconvolge il mercato e nel sottoconsumo delle classi lavoratrici, tenute dal capitale in condizioni di inferiorità.
Altri autori hanno ricercato le cause delle crisi nelle variazioni dei fenomeni atmosferici (ma tale opinione sembra più valida per una economia di tipo agricolo che non per le moderne economie industriali), altri, in motivi di carattere psicologico. Altri autori hanno posto l’accento sul fatto che, a volte, la produzione non riesce ad adeguarsi al consumo, aprendo così una crisi di sottoproduzione. Altri ancora indicano i fenomeni monetari inflazionistici e quelli di espansione del credito come probabili cause delle crisi. Non mancano autori che sottolineano come le odierne strutture oligopolistiche non siano in grado di prevedere con sufficiente approssimazione i bisogni del mercato e favoriscano così il sorgere di una crisi di sovra-produzione.
Se non sono d’accordo sulle cause, tutti gli autori tuttavia concordano nel ritenere innanzi tutto che la crisi è un grave squilibrio tra produzione e consumo, una grande distruzione di ricchezze e di forze produttive. Ma tra tutte le teorie, ognuna delle quali contiene qualche cosa di vero e contribuisce ad una teoria generale dei cicli economici, emerge, per completezza ed originalità, la teoria del Keynes, che è attualmente la più studiata e discussa.
Il Keynes ravvisa la causa delle crisi economiche in uno squilibrio tra risparmio ed investimenti. Sappiamo che la quota di reddito spettante ad ogni soggetto economico è dallo stesso ripartita tra risparmio e consumo; abbiamo quindi visto che esiste un rapporto inverso tra propensione al consumo e propensione al risparmio.
Ma non tutto il risparmio viene investito e cioè destinato a produrre capitali nuovi: una parte di esso è infatti accantonata in vista di consumi futuri. Quando una economia si trova in condizioni di sovra-risparmio e di sotto-investimento, si determina una crisi che, per l’autore, si risolve soltanto con un intervento dello Stato, secondo la originale teoria del moltiplicatore.
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