Il compenso spettante dal fattore natura è conosciuto con il nome di rendita. Esso comprende la rendita vera e propria ma anche gli interessi dei capitali fissi incorporati al suolo in maniera permanente. In Scienza delle Finanze, essa viene conosciuta come reddito dominicale e cioè la ricchezza che deriva al « dominus » o possessore del fondo, sia che egli coltivi direttamente la terra, sia che egli la conceda, ad esempio, in affitto.
Questa rendita si chiama piú propriamente rendita assoluta, per distinguerla dalla rendita differenziale.
Per comprendere bene quest’ultima, bisogna ricordare che il fattore natura incontra limiti di irriproducibilità ed è soggetto alla legge della produttività decrescente. Queste constatazioni avevano, già nel 1798, indotto il Malthus ad elaborare la sua nota teoria sulla popolazione.
Il Ritardo rimase molto impressionato dalle conclusioni del Malthus e notò come il crescente aumento di popolazione si traducesse, sul piano economico, anche in un continuo aumento della domanda di prodotti della terra. Poiché non sarebbe stato possibile trarre sempre dagli stessi terreni i prodotti necessari all’accresciuto e crescente fabbisogno, bisognava pur mettere a coltura i terreni meno fertili.
Ora, è chiaro che i terreni meno fertili, a parità di lavoro e di capitale impiegati, sono in grado di dare minore quantità di prodotto; per ottenerne nella stessa misura dei terreni più fertili, occorreranno maggiori dosi di lavoro e di capitali. Il prodotto si ottiene perciò a costi di produzione superiori: d’altra parte, per il noto principio di indifferenza, a prodotti eguali corrisponde eguale prezzo sul mercato, indipendentemente dal loro rispettivo costo: nel caso considerato, il prezzo perciò deve essere tale da coprire il costo piú alto.
Ne deriva, come logica conseguenza, che i possessori delle terre piú fertili lucrano una maggiore rendita, che è data dalla differenza tra il prezzo di mercato dei prodotti ed il loro costo di produzione: tale è la rendita differenziale o ricardiana.
Ai nostri giorni, tuttavia, i progressi della tecnica agraria, la riduzione delle spese di trasporto dei prodotti, la progressiva abolizione dei dazi doganali (almeno tra i paesi tra i quali esistono accordi in tal senso), sono fattori che limitano notevolmente la formazione della rendita agraria. Al contrario, sono ben noti, specie nelle grandi città, i fenomeni di rendita edilizia.
L’urbanesimo, infatti, con la concentrazione della maggior parte della popolazione nei centri urbani, ha provocato una sempre crescente domanda di alloggi. Risultate insufficienti le aree del centro cittadino, si sono costruiti interi quartieri nelle zone periferiche, sulle alture sovrastanti il centro; si è costituita cosí, a favore dei possessori di alloggi centrali, una cospicua rendita edilizia.
Sul piano morale e sociale la rendita differenziale è stata molto discussa, poiché si tratta di un reddito che, a differenza del profitto, non dipende dall’attività dei suoi percettori.
Nel nostro Paese, la rendita edilizia è ostacolata dalle leggi sul blocco delle locazioni e dei canoni di locazione.
In virtú della legge di riforma tributaria del 1971 la rendita immobiliare è colpita, oltre che dall’imposta sul reddito complessivo (I.R.P.E.F. o I.R.P.E.G.) e dall’imposta locale sui redditi (I.L.O.R.), anche dall’imposta sull’incremento di valore degli immobili (I.N.V.I.M.). Inoltre, i Comuni possono espropriare, per pubblica utilità, terreni da costruzione pagando un indennizzo pari al loro valore agricolo moltiplicato per coefficienti dati (L. 18 aprile 1962, n. 167 integrata dalla L. 20 marzo 1968, n. 391).
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