Quando parliamo di misure anti-inflazionistiche dobbiamo prima di tutto fare alcune considerazioni di politica economica. Le misure anti inflazionistiche infatti rappresentano una serie di misure idonee e di accorgimenti utili per combattere l’inflazione.
Naturalmente, data la complessità del fenomeno, non esiste una strategia valida per tutti i casi in cui l’inflazione aumenta, poichè bisogna tener conto di quelle che sono le principali cause dell’inflazione, ma anche dei modi e dei tempi con cui le varie misure possono essere applicate per non scatenare poi degli effetti economici negativi non desiderati. Secondo la tesi dei monetaristi per il controllo dell’inflazione è necessario programmare un adeguato “pacchetto” di misure anti-inflazionistiche.
La prima azione che devono compiere i governi è quella di controllare il saggio di espansione del credito interno e l’offerta di moneta. Può darsi però che per ragioni d’ordine politico la “stretta creditizia” non venga accettata a causa delle conseguenze negative sugli investimenti e sull’occupazione. Un metodo alternativo, in caso si verifichi un’inflazione da eccesso di domanda, è quello di aumentare la pressione fiscale. Questo metodo però risulta molto più difficile sia se la pressione sui contribuenti è già molto forte, sia se ci troviamo di fronte (come accade spesso) ad un cattivo funzionamento del sistema tributario o in presenza di fenomeni di evasione fiscale (come in Italia).
Per queste stesse ragioni le autorità monetarie sono propense, soprattutto nei primi stadi dell’inflazione, a restringere la liquidità monetaria utilizzando uno strumento economico che è molto più facile da manovrare. In caso di inflazione persistente infine la strategia di intervento considerata migliore e meno dannosa è quella derivata da una miscela di politiche monetarie e fiscali restrittive e dal rispetto di una politica dei redditi.
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