Cina: tra ricchezza e divario sociale
La Cina, anche nel 2012, ha dato un bel contributo all’economia mondiale con un PIl in crescita del 7,8%. L’impero orientale, poi, ha superato gli Stati Uniti ed è diventata la prima potenza commerciale al mondo; molte, però, sono le nubi all’orizzonte: si va dal divario economico a quello sociale. Il rischio è quello che, nel nostro piccolo, conosciamo anche in Italia: Stato spaccato in due con forti divari interni.
Il ritmo di crescita del Pil resta elevato, ma decisamente meno sostenuto del passato, quando era stato del 9,3% nel 2011 e del 10,4% nel 2010; il problema è che la Cina, ora, è in una critica fase di transizione: sta diventando una nazione con salari medi, con una popolazione sempre più vecchia e dove il capitale sta perdendo produttività marginale.
La dittatura del partito comunista, la corruzione e le disparità sociali stanno provocando il verificarsi nel paese di decine di migliaia di proteste sociali ogni anno. Finora il potere ha risposto a queste proteste con la forza, ma potrebbe non essere più in grado di farlo nel futuro.
Sun Liping, professore di sociologia all’università di Pechino, ha evidenziato che nel 2010 ci sono state circa 180 mila manifestazioni di protesta, più del doppio di quelle fatte registrare nel 2009. Il partito comunista si è dato l’obiettivo di ridurre questi numeri, ma non è ancora emerso come lo voglia fare.
Ma Jiantang, capo dell’Ufficio nazionale di statistica, parla di “velocizzare la riforma dei salari”, ovvero aumentare le paghe, “ma dobbiamo anche mantenere la crescita economica su buoni ritmi. Insomma, dobbiamo ingrandire la torta ma nel contempo dobbiamo dividerla in fette più simili fra di loro“.
Il divario sociale, unito a quello economico, potrebbe rischiare di far scoppiare il Paese, che oggi vanta 2,7 milioni di milionari in dollari e 251 miliardi, contro un 13% della popolazione che vive con meno di 1,25 dollari al giorno.
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