Bail in Banche: cos’è e come funziona
La direttiva europea BRRD (Bank Recovery and Resolution Directive) ha introdotto alcune regole particolarmente discusse, recepite dai legislatori nazionali al fine di rendere più omogeneo e armonizzato il sistema con il quale possono affrontare le crisi bancarie.
Quando si attiva il bail in
Il bail in, il nuovo meccanismo di risoluzione delle crisi bancarie, viene attivato quando un istituto di credito manifesta una condizione di dissesto finanziario, e l’impossibilità di risolvere le proprie criticità attraverso altri strumenti (il più tipico è il rafforzamento patrimoniale attraverso una ricapitalizzazione, ma si può ben assumere in considerazione l’ipotesi di ottenere liquidità mediante vendita di una parte dell’attivo, o la gestione mediante bridge bank o bad bank – rispettivamente, per preparare l’istituto a una potenziale cessione, o trasferire le attività deteriorate a una nuova società che ne gestisca la liquidazione).
In tali termini esemplificativi, pertanto, il bail in rappresenta una soluzione “estrema”, finalizzata a consentire il ripristino di condizioni di solvibilità dell’istituto di credito, a “sacrificio” di alcuni interessi interni (e non più, come avveniva in passato, mediante il ricorso al supporto statale).
Chi non rischia con il bail in
Con il bail in si punta a svalutare i crediti e procedere alla loro conversione in azioni, finalizzata ad assorbire le perdite e rafforzare il patrimonio della banca.
Il salvataggio interno può finire con il riguardare tutti i soggetti coinvolti a vario titolo nella vita dell’istituto, con le sole eccezioni dei correntisti che depositano nel proprio rapporto bancario fino a 100mila euro (ovvero, il limite di tutela del sistema di garanzia dei depositi), i titolari di passività garantite (come covered bonds e altri strumenti garantiti), e ancora le passività che derivano dalla detenzione di beni della clientela (l’esempio più tradizionale è il contenuto delle cassette di sicurezza) o in virtù di una relazione fiduciaria (come i titoli detenuti in un conto apposito). Ulteriormente, sono esclusi dal bail in le passività interbancarie (ad esclusione dei rapporti infragruppo) con durata originaria inferiore a 7 giorni, quelle che derivano dalla partecipazione ai sistemi di pagamento con una durata residua inferiore a 7 giorni e infine i debiti verso dipendenti, debiti commerciali e quelli fiscali (se privilegiati dalla normativa fallimentare).
Chi rischia con il bail in
Il meccanismo del salvataggio interno degli istituti di credito prevede il rispetto di una rigida gerarchia.
Esemplificando, significa che solamente nell’ipotesi in cui non si sia ottenuta la dovuta soddisfazione con la prima categoria (azionisti e titolari di strumenti di capitale), si procederà alla seconda (chi ha in possesso dei titoli subordinati), quindi alla terza (titolari di obbligazioni e altre passività ammissibili) e così via fino all’ultimo tentativo, rappresentato dai titolari di depositi di importo maggiore alla soglia dei 100 mila euro (persone fisiche e piccole e medie imprese).
Seguici su Telegram
Rimani aggiornato con guide e iniziative esclusive per gli iscritti!
Lascia un Commento