Allarme prezzi dopo i 2 record del petrolio. Le conseguenze per l'economia mondiale

Pubblicato da: Redazione E-investimenti.com - il: 04-01-2008 10:15

Il Washington Post commenta i record del prezzo del petrolio sottolineando che il valore del greggio sui 100 dollari al barile ha fatto tornare lo spettro della stagflazione negli Stati Uniti. La stagflazione è un termine tecnico che indica una particolare situazione dell’economia caratterizzata da bassa crescita ed elevata inflazione. D’altronde tra ieri e oggi non è stato solo il prezzo del petrolio a salire infatti anche le quotazioni dell’oro hanno raggiunto valori record superando gli 850 dollari all’oncia e hanno chuso in rialzo anche le quotazioni del grano e dei semi di soia a conferma di come gli Stati Uniti stiano assistendo sia alla crescita dei prezzi petroliferi che a quella delle quotazioni dei beni alimentari.Una conseguenza ovvia è che in queste condizioni la propensione al consumo degli Stati Uniti è destinata a rallentare. La relazione tra i prezzi del petrolio e i prezzi della benzina è proporzionalmente diretta e per questo la benzina ha già superato nelle ultime settimane la soglia dei tre dollari al gallone. A condizionare i consumi ci sono poi anche i fattori psicologici commenta in un’intervista allo Usa Today Mark Vitner, economista senior presso Wachovia secondo il quale “la notizia del petrolio che ha toccato i 100 dollari innervosirà le persone, che si aspetteranno prezzi della benzina più alti”. Secondo Vitner si sta instaurando anche “un circolo vizioso in cui i prezzi più elevati delle materie prime contribuiscono direttamente all’inflazione, e i timori di un’inflazione portano gli investitori a puntare maggiormente sulle materie prime, scatenando il loro rialzo dei prezzi”.

Secondo quanto pubblicato dal Wall Street Journa i prezzi del petrolio presi in considerazione da soli non dovrebbero far scivolare la congiuntura in una fase di recessione. Il quotidiano finanziario parla infatti di un’economia americana più efficiente, formata da cittadini che spendono meno del loro reddito disponibile sulla benzina, il 4% circa, contro il 6% degli anni ’80 anni in cui il petrolio balzò a un valore attuale che, tenendo conto dell’aggiustamento dei prezzi, sarebbe di 102,81 dollari al barile. Ma è sicuro che l’effetto su una congiuntura americana già in frenata a causa della crisi del mercato del credito e immobiliare ci sarà.

In particolare, secondo gli specialisti della Finanza, i settori più colpiti saranno quello aereo con le compagnie che saranno costrette a tagliare i voli meno redditizi e quello automobilistico.

Si teme anche una maggiore cautela e paura negli investimenti da parte delle aziende americane che ovviamente in questo scenario vogliono evitare un eccesso di capacità a fronte di un rallentamento dei consumi. E minori investimenti implicano una crescita del PIL minore. Ad alimentare le vendite di ieri sul Dow Jones, che su base percentuale ha riportato il peggior inizio anno dal 1983, è stato ie anche l’Ism manifatturiero, che ha segnalato una fase di contrazione dell’attività manifatturiera scendendo sotto i 50 punti. Il dato ha confermato la fase di debolezza della congiuntura Usa e, insieme ai prezzi del petrolio sopra i 100 dollari, è sembrato dimostrare proprio lo scenario di stagflazione di cui ha parlato il Washington Post. Uno scenario che rende ancora più difficile la sfida della Fed, braccata da un lato da un rallentamento della congiuntura e dall’altro dalla minaccia onnipresente della crescita dei prezzi.

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